Riportiamo una serie di lettere che sono state pubblicate nella rubrica "Lettere al Direttore" del quotidiano L'Arena e aventi per argomento l'aborto.
sabato 25 giugno 2016 – LETTERE – Pagina 31
ABORTO
Licenziare gli obiettori
Leggo in questi giorni che all'Ospedale di Trapani con l'andata in pensione dell'unico medico che praticava quanto previsto dalla Legge 194 (interruzione volontaria della gravidanza) non è più consentito alle donne di quell'angolo di Sicilia di beneficiare di tale servizio garantito dallo Stato. Sono andato quindi a documentarmi sui disposti attuali che permettono ad un medico di rifiutarsi di ottemperare ad un dovere imposto dall'ordinamento giuridico in qualsiasi momento e dichiararsi obiettore di coscienza, anche se prima non lo era. Questo stato di cose ha portato al fatto che oggi la sanità italiana annovera tra le sue file, obiettori di coscienza pari al 70% dei medici e infermieri. Leggendo questi valori mi chiedo a cosa serve avere il ministero della Sanità, il ministro preposto e un presidente del Consiglio più un Parlamento se poi dal loro operato scaturiscono queste situazioni. Mi pare già di vedere le facce di tanti miei connazionali che inorridiscono davanti alle mie affermazioni, rivendicando la libertà di coscienza, anteponendo i diritti acquisiti e che a un cattolico non si può chiedere di uccidere un feto. Ebbene, a queste persone mi sento di rispondere così: se la mia libertà di coscienza cozza con una legge dello Stato nulla mi vieta di licenziarmi o rinunciare al ruolo; se la mia libertà di coscienza paralizza un organismo dello Stato ed è lo Stato che mi paga non posso certo invocare che venga rispettata la mia coscienza e che ciò mi consenta di beneficiare sempre del mio stipendio. Soluzione: cambio mestiere! Sul punto poi delle argomentazioni dei ferventi cattolici, mi permetto di evidenziare che vi sono moltissime strutture di proprietà di organismi di Santa Romana Chiesa dove praticare l'obiezione è un vanto e un merito, questo consente a quel 70% di obiettori di trovare lavoro. Conoscendo l'animo di noi italiani sono altresì sicuro che se domani mattina venisse promulgata una legge che consentisse allo Stato di demansionare-licenziare gli obiettori di coscienza scomparirebbe d'un colpo l'aberrante percentuale più sopra riportata, per cui mi sento di dire al ministro della Sanità e al nostro presidente del Consiglio che è ora di provvedere in merito, visto che già nel 2014 l'Europa ci ha richiamati all'ordine su questo tema.
Giorgio Scolari (simpatizzante UAAR) VERONA
mercoledì 29 giugno 2016 – LETTERE – Pagina 22
ABORTO
I numeri e l'obiezione
Dopo aver letto quanto scritto sul tema dell'aborto - «licenziare gli obiettori» - mi sento in dovere di precisare quanto segue. Premetto che sono un infermiere che, anche se non lavora direttamente all'interno di una sala operatoria, ha fatto la scelta di essere obiettore di coscienza e quando dico la parola coscienza non mi vergogno a dirlo, è coscienza «cristiana» in quanto nei miei principi la vita è un dono di Dio e la ritengo sacra. Tornando alla mia professione, abbiamo dei doveri e dei diritti tra i quali quello citato dell'obiezione di coscienza sulla applicazione della legge 194 con i relativi riferimenti di legge. Comunque per far riflettere su questo tema vorrei citare le parole di Papa Giovanni Paolo II: «Una nazione che uccide i propri figli è una nazione senza futuro». E fanno riflettere anche i numeri: sono oltre 6 milioni i bambini soppressi nei nostri ospedali dall'entrata in vigore della legge 194 del 1978: circa 181mila ogni anno, 15.100 ogni mese, 503 ogni giorno, 21 ogni ora. Sono bambini non numeri. Questo è il risultato di una giornata di aborti nei nostri ospedali. Allo stesso tempo sono migliaia le famiglie costrette a far ricorso all'adozione internazionale con una spesa elevatissima. Non viene spontaneo chiedersi perché non fare incontrare queste due realtà con l'adozione attraverso una legislazione a favore della vita? In Italia abbiamo tra i più bassi tassi di fertilità al mondo. Cosa sarà del futuro dell'Italia senza gioventù? Quanti problemi dovranno affrontare i nostri figli? Si vota a 18 anni ma si può abortire a 13 anni anche all'insaputa dei genitori (art. 12 legge 194/78) mentre per un piercing ci vuole l'autorizzazione di entrambi i genitori. Il padre del concepito non ha diritto di difendere la vita del proprio bambino in quanto secondo la legge 194 sull'aborto l'ultima parola spetta alla donna, che viene lasciata sola a decidere (spesso mal consigliata se non addirittura minacciata) con un reale rischio di incorrere poi in una sindrome post abortiva con conseguenze psico-fisiche anche gravi e devastanti. L'aborto è gratuito per le donne che vogliono eliminare il proprio figlio ma a noi contribuenti tutto ciò ha un costo sociale molto ma molto elevato e pensare che la gravidanza non è una malattia da curare ma un dono e una risorsa per l'intera società. Gli aborti clandestini: in Italia il numero è stimato sui 15mila all'anno (dati del ministero della Salute). Ciò dimostra che la legalizzazione dell'aborto non ha sconfitto questa piaga ma ha aggiunto ad un male un male legalizzato. Spero che quanto ho scritto possa far riflettere.
Giovanni Raimondi VERONA
venerdì 01 luglio 2016 – LETTERE – Pagina 27
ABORTO
Lo stipendio dell'obiettore
Leggo oggi che in risposta alla mia lettera dei giorni scorsi sugli obiettori di coscienza, un appartenente e praticante di tale movimento riporta una serie di dati esortando poi alla fine a meditare su tale questione. Ringrazio l'estensore della lettera per i dati forniti, ma ribadisco da laico e cittadino di questo Paese che se esiste una legge che garantisce alle donne l'interruzione di gravidanza, un medico/infermiere preposto a tale compito, pagato dalla amministrazione pubblica con fondi provenienti dalle tasse dei cittadini, a mio avviso, è tenuto a dare la sua prestazione, e infatti tutto ciò è previsto in caso di rischio della vita della paziente. Analogamente penso che lo Stato non può farsi mettere in difficoltà da una categoria di propri dipendenti che dopo essere stati assunti, ripeto dopo, invocano i dettami dell'«obiezione di coscienza» visto che in questo caso, sempre a mio avviso, vi sono gli estremi per il licenziamento in quanto l'assunto ha omesso di dichiararsi preventivamente. Andando al pratico, il sottoscritto ha lavorato per oltre quarant'anni in una prestigiosa banca nazionale; se dopo l'assunzione mi fossi dichiarato obiettore di coscienza in quanto ripudiavo l'uso del denaro per affamare la povera gente, credo che seduta stante sarei stato messo alla porta. Ora non vedo perché all'alba del terzo millennio ci debba essere una casta ben remunerata che decide se adempiere al proprio dovere o no nel caso si debba ottemperare ad una legge di Stato. Non si riconosce tale legge? Non si ottempera a quanto da essa previsto? Non si deve neanche allora riscuotere lo stipendio, il buon senso dovrebbe portare l'obiettore a cercarsi un lavoro dove l'Ente pagatore, in questo caso Santa Romana Chiesa, tifa affinché l'interruzione di gravidanza non avvenga.
Giorgio Scolari (simpatizzante UAAR) VERONA
sabato 02 luglio 2016 – LETTERE – Pagina 25
ABORTO
L'obiezione è nella legge
Su L'Arena di sabato 25 giugno il signor Scolari ha fatto il punto sull'osservanza della legge 194 che nel 1978 introdusse nel nostro Paese l'aborto, denunciandone la mancata corretta applicazione a causa di un elevatissimo numero di medici obiettori. Conclusione: c'è una legge che va osservata e quindi nessun medico dovrebbe poter rifiutare una prestazione professionale prevista dal Sistema sanitario. È necessario fare alcune precisazioni. La legge 194, che pur inizia con un ipocrita «Lo Stato tutela la vita umana dal suo inizio» (art. 1), prevede al suo interno (art. 9) l'obiezione di coscienza. Appare evidente che il ragionamento del signor Scolari non stia in piedi. È possibile licenziare una persona perché si definisce medico obiettore, quando è la stessa legge che prevede tale opzione? Nonostante quanto sia divenuto opinione comune, la legge 194 non ha introdotto il diritto all'aborto, ma «solo» (si fa per dire) la possibilità di accedere a tale pratica quando «il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari» (art. 4), demandando ai consultori il compito «di aiutare la donna a rimuovere le cause». Insomma una legge completamente disattesa e alterata. Ma chi è l'oggetto, anzi il soggetto, di questa pratica? Perché la maggioranza dei medici, anche non cattolici, continua a dichiararsi obiettore? È proprio nella risposta a questa domanda, che il signor Scolari e altri come lui non si pongono, che esce la verità. Si rifiutano perché un vero medico, in scienza e coscienza, sa che abortire vuol dire uccidere un bambino e non un «grumo di cellule» di radicale memoria. Un medico è un uomo di scienza e sa che un bambino concepito è fin dal primo istante un essere umano (da circa 20 anni la scienza non lascia più alibi) e sa anche che la sua vita, come quella di tutti gli altri esseri umani, è un diritto inviolabile e non disponibile. Ogni medico sa che ogni volta che si pratica un aborto, nel contenitore dei rifiuti speciali non ci finiscono idee astratte e slogan femministi, ma testa, cuore, corpo e arti di un piccolo essere umano. La verità, piaccia o meno, è che l'obiettore di coscienza non ritiene l'aborto un atto medico. Il medico cura la vita, non la elimina! La contestazione sulla mancanza di ginecologi pare del tutto infondata: i numeri parlano chiaro. Secondo l'ultimo rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità gli aborti sono stati 97.535 con un decremento più che dimezzato rispetto al 1982, l'anno col valore più alto. Ma al calo delle interruzioni non è seguito un calo dei medici non obiettori: erano 1.607 nell'83, sono 1.490 oggi. Quindi, calcolatrice alla mano, sono circa 1,26 aborti a settimana per medico. Un «lavoro» francamente sostenibile.
Francesco Giacopuzzi VERONA
domenica 03 luglio 2016 – LETTERE – Pagina 23
ABORTO
Medici obiettori e leggi statali
Desideravo rispondere al signor Scolari, in merito alla sua lettera di venerdì 1° luglio sulla questione dei medici che rifiutano di applicare la legge 194. Fermo restando ovviamente, pur non condividendola, il rispetto del suo punto di vista, non ritengo si possa mettere sullo stesso piano un'obiezione rappresentata nel suo esempio (denaro/lavoro in banca contro medico/obiezione di coscienza). Nel secondo caso, è in ballo comunque il diritto alla vita, e non è certo una legge che può lavare la coscienza di chi è obiettore. C'è differenza di dignità tra una vita appena concepita, a tre, a sei, a otto mesi dal concepimento, alla nascita o a uno o più anni di vita? Per lo stesso motivo, se in una futura legislatura venisse approvato l'infanticidio (non è fantascienza, in qualche Stato ne stanno già discutendo) allora solo perché è una legge approvata, ogni medico avrebbe l'obbligo di attenersi senza fare obiezione? Allora come dice il signor Scolari, un obiettore non dovrebbe essere assunto dallo Stato come medico ma per lo stesso motivo allora non dovrebbe neanche pagare quella parte di tasse che finanziano i «servizi» non richiesti come l'interruzione di gravidanza, appunto.
Ermanno Cassardo VERONA
sabato 09 luglio 2016 – LETTERE – Pagina 26
ABORTO
Parliamo di servizi pubblici
Sono in procinto di partire per le ferie ma non riesco a farlo senza avere per l'ultima volta argomentato sull'obiezione di coscienza dei medici per l'aborto con il signor Giacopuzzi, che esordisce dicendo che il mio ragionamento non sta in piedi. E per suffragare tale tesi mi rammenta che: quando un medico procede all'aborto asporta non un «grumo di cellule» ma un essere umano; il medico cura la vita, non la elimina; il diritto all'aborto è consentito dalla legge quando il parto o la maternità comportano un serio pericolo per la salute fisica o psichica o per le condizioni economiche o familiari. Allora invertiamo le argomentazioni più sopra riportate ed iniziamo con il dire che se la legge tutela la salute della donna e dice che l'aborto è consentito quando il parto comporta pericolo, già con questo non capisco cosa le fa pensare che il mio ragionamento non sta in piedi, visto che poco prima mi dice che il medico cura la vita e non la elimina... Ergo, se c'è pericolo il medico è tenuto ad ovviare a questo stato di cose! Sul primo punto mi permetto di chiederle: se il medico appura una malformazione nel feto o sa che la futura partoriente ha chiesto di abortire in quanto la sua famiglia, fervente cattolica, potrebbe gettarla in mezzo alla strada per non subire l'onta della gravidanza indesiderata, per non gettare nei rifiuti speciali non un «grumo di cellule» ma un essere umano, il medico obiettore è disposto ad allevare lui il futuro nascituro malformato o indesiderato? Vorrei ricordare che quando la naia era obbligatoria l'obiettore di coscienza andava nel carcere militare pagando di persona una scelta scomoda, spesso dettata dalla fede; per il personale medico non si può parlare di obiezione di coscienza, in quanto sono le donne a pagarne le conseguenze, rivolgendosi a strutture sanitarie pubbliche che per le persone che la pensano come lei, negano gli interventi. Tutto ciò quindi lo si potrebbe configurare come un'interruzione di pubblico servizio. Ecco perché mi sono permesso di dire che i medici che dopo essere stati assunti, manifestano il loro credo, vanno licenziati o devono essere invitati a lavorare dove l'obiezione è un pregio.
Giorgio Scolari (simpatizzante UAAR) VERONA
domenica 17 luglio 2016 – LETTERE – Pagina 26
ABORTO
Ecco cosa ci saremmo persi
Probabilmente, preso dai preparativi delle vacanze, il signor Scolari non ha prestato attenzione al testo dell'intervento in cui affermavo che, articoli della legge 194 alla mano, il suo argomentare non «sta in piedi» in quanto è paradossale chiedere il licenziamento di un medico per il fatto di essere obiettore proprio perché tale facoltà è espressamente inserita nella legge in oggetto! Aggiungiamo a questo il fatto che giusto il 6 luglio l'Italia è stata assolta dal Consiglio d'Europa proprio per la questione dell'obiezione di coscienza dopo un ricorso della Cgil. In sintesi: in Italia non esiste una donna a cui è stato impedito di abortire. Infatti il 70% delle strutture ospedaliere per la maternità italiane pratica l'aborto, un tasso ben superiore al numero di aborti per nascite complessive (il 20 per cento), e ancora, fonte Unione europea, ogni 7 punti nascita ci sono 5 strutture che garantiscono. Ora anche l'Europa s'è detta convinta che in Italia l'obiezione non è un problema. Mettendo sullo stesso piano l'aborto deliberato di una vita umana e la drammatica scelta su chi salvare tra madre e figlio in cui può incappare una equipe medica, dimostra di non cogliere l'essenza della questione, a meno che non voglia arditamente sostenere che i 97.535 aborti del 2014 in Italia siano tutti imputabili a questo motivo, cosa che farebbe balzare il nostro Paese in testa alla classifica planetaria del rischio di morte per parto. Nel cercare di ribattere il signor Scolari poi scivola su altri punti mettendo a nudo il suo pensiero relativista. Se un bambino è malato, è down, ha un labbro leporino, ha delle malformazioni, ecc. allora sì, è qualcosa meno di una vita umana, è lecito, anzi è auspicabile sopprimerlo perché non è negli standard (come gli oggetti). Non avremmo avuto così personaggi mondiali come Beethoven, Andrea Bocelli, Michel Petrucciani (uno dei maggiori pianisti del '900, nato con l'osteogenesi), o la ballerina professionista e pittrice italiana nata priva di braccia Simona Atzori o Nick Vujicic, nato senza arti e ora attore, surfer, star di un programma su Mtv, marito e padre, uno dei motivatori professionali più ricercati nelle aziende della Silicon Valley, giusto per citarne alcuni. Bisogna ricordare che se si cura una malattia si vince o si perde, ma se si cura una persona si vince sempre, indipendentemente dall'esito della terapia. L'aborto di un bambino con diagnosi di incompatibilità con la vita non è mai terapeutico perché un bambino non è mai una malattia! E se il figlio è indesiderato? Partendo dal presupposto che è risaputo come si concepiscono i bambini e quindi come evitarli, il suo livore anticattolico lo porta ad affermare che in una ipotetica e improbabile «famiglia fervente cattolica» meglio un aborto che l'onta di una gravidanza indesiderata (dove l'abbia appreso rimane un mistero, visto che per i cattolici credenti l'aborto comporta il peggiore dei crimini) lo informo che è possibile portare a termine una gravidanza e poi dare in adozione il bambino, il che aiuterebbe molto quelle coppie che sono in attesa di adozione, in quanto per ogni bambino adottabile risultano circa 10 coppie in attesa. Racconto una storia: siamo negli Usa, nel 1955, una ragazza di 17 anni rimane incinta dopo una frivola relazione al college ma decide di portare a termine la gravidanza e di dare il bimbo in adozione. Quel bambino fu un certo Steve Jobs, inventore di Apple, del Macintosh, dell'iPod, dell'iPhone, dell'iPad e della Pixar. Il mondo oggi sarebbe uguale se non fosse vissuto Steve Jobs? Mettetevi le mani in tasca e guardate il telefonino, lo schermo multi-touch lo ha inventato lui. Quanti Steve Jobs abbiamo messo alla morte prima che nascessero? Di chi e cosa si è privato il mondo?
Francesco Giacopuzzi VERONA
venerdì 22 luglio 2016 – LETTERE – Pagina 25
ABORTO
Arrendiamoci a questi numeri
Leggere l'ultima missiva del signor Giacopuzzi, relativamente alla questione aborto, mi ha convinto ad ammettere la sconfitta e pertanto mi arrendo all'evidenza: dobbiamo tutti incentivare i preposti alle cure delle donne, in sala parto, a dichiararsi obiettori di coscienza così evitiamo di perdere definitivamente i futuri Steve Jobs. Grazie per avermi illuminato sulla via di Damasco, in quanto, come da Lei evidenziato, ero preso dai preparativi della partenza per le vacanze e non ho approfondito ulteriormente la questione. Le chiedo solo, per coerenza, di fornire alle donne siciliane le sue generalità così saranno in grado di ovviare alle conseguenze del fatto che non possono abortire pur un presenza di una legge tutta italiana che afferma che è possibile abortire ma al medico è data facoltà di opporre la sua obiezione di coscienza. Questa contraddizione presente in molte leggi italiane che subiscono la presenza del Vaticano e della dottrina cattolica e quindi alla fine si possono definire... «vorrei ma non posso», ha portato allo stato attuale dove 7 ginecologi su 10 sono obiettori con punte ancora più elevate in Molise (93,3%), Sicilia (85,2%), Lazio (80,7%). Signor Giacopuzzi, queste percentuali mi hanno in parte consolato in quanto credo che abbiano contribuito ad evitare la perdita di futuri geni, di futuri statisti, di futuri Bocelli ecc. e quindi mi sono sentito in parte sollevato e poi Le devo dire che la conclusione della mia resa è scaturita anche dal fatto che siamo due uomini e trattiamo una questione prettamente femminile e come ha notato è assordante la mancanza di un pensiero femminile su tutto ciò. Ho condiviso e ho partecipato a tutte le lotte per il divorzio, per l'aborto, per le pari opportunità, per le unioni civili e lo farò anche in futuro e sono sempre più convinto che uno Stato laico come il nostro non può farsi condizionare dalla religione.
Giorgio Scolari (simpatizzante UAAR) VERONA
sabato 23 luglio 2016 – LETTERE – Pagina 26
ABORTO
Quel figlio non voluto
Sono una delle persone la cui esistenza sul pianeta è stata accolta da un «ma porca miseria, eppure avevamo fatto attenzione». Lo dico con un'infinita allegria. È una cosa bellissima: vuole dire che la vita se ne infischia della volontà umana e che la volontà umana poi si adegua. Bisogna capirli il mio papà e la mia mamma. Con il suo stipendio papà doveva mantenere mia madre e la mia sorellina maggiore più la propria madre, una zia e un altro figlio non ci stava. Eppure, tre mesi dopo il fatidico «ma porca miseria, eppure avevamo fatto attenzione», la mia mamma ha avuto delle minacce d'aborto e quei due, lei e papà, hanno speso tutti i loro risparmi per delle costosissime cure che forse avrebbero portato la gravidanza fino al termine. La situazione era sempre uguale: io facevo sempre il feto e loro erano sempre poveri, però quei tre mesi erano stati sufficienti perché si abituassero all'idea, si affezionassero a questo pulcino che cresceva cieco e tiepido nel suo pezzetto di mare privato. L'aborto è legale, però è una vigliaccata. È sempre una vigliaccata. È una vigliaccata che lascia segni indelebili. Il nostro cervello è costruito da tre cervelli sovrapposti: cervello rettiliano, cervello limbico e neocorteccia. I cervelli più antichi, quello rettiliano e quello limbico, se preferite si possono chiamare inconscio, loro due il piccolo lo volevano. Sono tignosi e astiosi quei due cervelli lì. Quando il figlio non arriva deragliano parecchio e si lanciano in un fiume di magagne, depressioni e malattie psicosomatiche, fino alla psicosi. Per professione io accompagno spesso le persone nell'ultimo tratto di strada: il rimpianto è atroce. Sempre per professione si rivolgono a me molte donne dilaniate dal ricordo che riaffiora qualche anno dopo, dal senso di colpa di ciò che poteva essere. Ma in una società liberale non si può costringere una donna a tenere un figlio che non vuole, come non si può obbligare nessuno a donare il sangue. Le strade sono piene di cartelloni che invitano alla donazione. Perché le strade, le scuole, i corridoi degli ambulatori non sono tappezzati da cartelli «Signora, si fermi, è il suo bambino», «Signora lo faccia nascere e lo dia in adozione»? L'aborto porta sotto la volontà umana una cosa che madre natura (o Dio, come volete) aveva deciso che non ci dovesse stare. Tra l'altro: quale volontà? Quante sono le donne che abortiscono per volontà loro e quante per volontà dei compagni, dei mariti, dei datori di lavoro? La volontà umana non è un monolite in una prateria, ma un riflesso di luce sull'acqua. Alla sesta, ottava settimana, quando si prende la decisione, per motivi ormonali, le donne sono pessimiste. Forse due settimane dopo avranno un'idea diversa. Immaginate una mamma che vi dica: «Figlio tu sei nato perché sei perfetto, ma il fratellino prima di te l'ho abortito al quinto mese, quando già sentivo i suoi movimenti e quando lui era un ammasso di cellule già in grado di riconoscere la mia voce perché l'ecografia aveva posto dei dubbi». Chi la vuole una mamma così? Ma quella mamma non avrebbe dovuto trovarsi di fronte dei medici in grado di fare il loro lavoro, e cioè dire «signora, questo è il suo bambino e lei gli vorrà bene comunque nasca, perché è il suo bambino. Vedrà signora, gli vorrà bene. Sarà contenta che lui (lei) ci sia». Preferisco un papà e una mamma che dicano «pensa quanto eravamo scemi. Noi credevamo di non volerti e invece tu ci sei e sei il nostro piccolo bambino». Comunque, per la mia mamma e per il mio papà «hip, hip hurra!»
Giovanni Loffa VERONA
mercoledì 27 luglio 2016 – LETTERE – Pagina 23
TEMI ETICI
Nessuna madre si è mai pentita
Sono una donna, madre di tre figli, credo quindi di conoscere più del signor Scolari quello che accade durante una gravidanza. Un turbinio di emozioni e sensazioni a volte anche contrastanti. Ritenere che la questione aborto sia un diritto «femminile» è un grandissimo errore. Lei dice di battersi per le pari opportunità, che sono pari nei diritti ma non nei doveri. Mi spiego meglio. Nel momento del concepimento si è in due, l'eventuale decisione di abortire non può essere scaricata brutalmente sulle spalle delle donne, lasciandole libere di fare scelte che pagheranno nell'intimo del loro cuore per tutta la vita, un uomo (se tale vuole essere e non un vile) si prende e pretende di prendersi le proprie responsabilità. Non ho mai sentito di donne che in Italia non siano riuscite ad abortire a causa degli obiettori di coscienza (addirittura la Corte europea ci ha assolti), il servizio sanitario nazionale ci garantisce che si è liberi di rivolgersi a qualsiasi struttura, se questo principio vale per malati gravi che devono sottoporsi a delicate operazione cardiache o celebrali, vale anche per chi incinta (ma sana) decide di sottoporsi a questo trattamento che non la guarisce da nessuna malattia, anzi. Per quanto riguarda l'obiezione da parte dei medici, io credo che una persona intraprenda la missione (non il lavoro) di medico per curare e migliorare la qualità della vita, non certo per peggiorarla alla donna e distruggerla ai bambini innocenti; un piccolo appunto a quanto da lei sottinteso, non tutti i medici obiettori sono cattolici praticanti, a dimostrazione del fatto che il no all'aborto non è una questione meramente religiosa. Ulteriore considerazione femminile, come richiesto dalla lettera del signor Scolari. Spesso ho sentito donne che si sono pentite di aver deciso consapevolmente di non avere figli, non ho mai sentito al contrario che una donna, nonostante le difficoltà che ci possano essere, si sia pentita di essere madre.
Giovanna Dalla Valle VERONA
sabato 30 luglio 2016 – LETTERE – Pagina 23
GRANDI TEMI ETICI
L'obiezione sull'aborto
Desideravo esprimere il mio punto di vista, in riferimento a quanto scritto recentemente dal signor Scolari. Ritengo che la difesa della vita, vada oltre a quanto possa sancire una legge. Se poi la legge, è in grado di stabilire che una vita appena concepita valga meno di una appena nata, sarebbe interessante scoprire su quale libro delle virtù si trova questa «massima». Ci sono anche ragioni laiche che sostengono la tesi contro l'aborto; la stessa medicina ad esempio mi dimostra che dal primo istante del concepimento c'è vita; se poi vogliamo negare anche questo... Pensi che negli Stati Uniti quando le associazioni pro vita andavano nelle scuole a documentare ciò che accade ad un feto con l'interruzione di gravidanza, c'è stata subito una sollevazione da parte delle cliniche abortiste, perché sapevano molto bene che la dimostrazione della verità avrebbe turbato le coscienze dei ragazzi. Dato che i casi di aborto per la difesa della salute della donna sono una minimissima parte, mi domando se questo Stato laico non sia piuttosto sommerso dalla cultura della morte. Giustamente anziché dare un incentivo economico a una donna che vuole abortire affinché tenga il bimbo è più facile sopprimere una vita; giustamente a lei non sta bene che un medico venga pagato con i soldi dei contribuenti e poi faccia l'obiettore, ma per lo stesso motivo allora io dovrei rifiutarmi di pagare quella parte di tasse che vanno poi a finanziare un «servizio» che non intendo utilizzare. Tra l'altro l'obiezione di coscienza è prevista dalla legge, così come la tutela del proprio credo religioso. La legge l'hanno fatta, c'è chi la applica, ma francamente obbligare un medico obiettore mi sembra un eccesso degno di regimi dittatoriali. Tenga presente che oggi lei si esprime così in merito all'obiezione perché ritiene che la legge sull'aborto sia giusta. Se poi un giorno andasse al potere un governo estremista che imponesse leggi contrarie anche alla sua etica, lei cosa farebbe? Ottempererebbe lavandosi la coscienza semplicemente perché è una legge prevista dallo Stato? Poi, che con l'aborto si sopprima un futuro Mozart o un futuro pinco pallino qualsiasi, francamente questo è un dettaglio, la dignità della vita è la stessa. Questo per limitarmi solo alle ragioni laiche.
Ermanno Cassardo VERONA
sabato 06 agosto 2016 – LETTERE – Pagina 25
LA LEGGE 194
I medici e l'obiezione
Dopo tante lettere pubblicate in merito all'obiezione di coscienza dei medici in caso di aborto, ritengo possa essere utile evidenziare cosa c'è scritto tra le pieghe della Legge 194 e il perché sia stato inserito l'art. 9. Com'è noto, il 22 maggio 1978 veniva approvata la Legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza, già delineata in Italia dalla sentenza n. 27 della Corte Costituzionale del 18 febbraio 1975. Veniva così abrogato il reato penale di aborto procurato (art. 546 del Codice Penale), che vigeva sino ad allora, rendendo lecito l'aborto in relazione allo stato della donna: entro i primi 90 giorni se c'è pericolo per la sua salute psico-fisica; successivamente se c'è grave pericolo per la sua vita. Primo. Le condizioni che rendono lecito l'aborto procurato derivano dalla decisione di dare maggior peso al diritto alla vita (vita di qualità, oppure vita in senso stretto) della donna rispetto al diritto alla vita dell'embrione. Quindi la Legge 194 va difesa perché rappresenta una forma di garanzia della libertà della donna sul suo corpo e sulla sua vita. Secondo. La ragione dell'introduzione nella Legge 194 della possibilità per il medico di fare obiezione di coscienza (art. 9) deriva dal fatto che, al momento dell'approvazione della Legge, vi erano studenti di Medicina o medici in attività che avevano iniziato il proprio percorso di studio o professionale quando la Legge italiana affermava il reato penale di aborto. Si trattava di dare loro l'opportunità di declinare la propria opera, andando la Legge a modificare lo status quo di un tema considerato eticamente sensibile. Da questo punto di vista, l'art. 9 oggi non ha più ragione di esistere e dovrebbe essere considerato una deroga ormai superata. Certamente la ragione morale dei medici obiettori (rifiutarsi di uccidere un embrione) può essere condivisibile, ma è anche vero che nessuno obbliga qualcuno a diventare medico ginecologo: se si decide liberamente di intraprendere questa professione, si sa anche che essa contempla l'aborto come sua parte importante. Se non si è d'accordo di praticare l'aborto, si possono essere orientare diversamente le proprie scelte professionali. Allo stesso modo, può essere condivisibile la posizione di chi obietta all'uso delle armi, tuttavia nessuno è obbligato a diventare poliziotto o militare. Terzo. L'aborto procurato rientra tra i servizi della Sanità pubblica italiana: la presenza della possibilità per i medici di fare obiezione di coscienza può determinare una difficoltà nell'erogazione del servizio stesso (soprattutto quando in una struttura il numero dei medici obiettori è molto elevato, tra l'altro spesso per ragioni di mera opportunità), costringendo alla chiamata di medici da strutture limitrofe con aumento dei costi pubblici e con grave disagio per le donne che intendono ricorrere legittimamente a tale servizio.
Sara Patuzzo (socia UAAR), professore a contratto in Bioetica, Università di Verona, esperto Consulta Deontologica, FNOMCeO di Roma
giovedì 11 agosto 2016 – LETTERE – Pagina 25
ABORTO
Gli obiettori e la legge laica
Ringrazio di cuore la professoressa Sara Patuzzo che dopo gli innumerevoli interventi dei sostenitori del Movimento per la Vita ha voluto ricondurre l'argomento di cui in oggetto all'interno del mio pensiero ispiratore che avevo ben espresso con la mia prima lettera e cioè:
- esiste una legge che garantisce l'interruzione di gravidanza in determinate situazioni
- fu emanato l'art 9 che consente l'obiezione di coscienza del medico in quanto al momento della promulgazione della legge vi erano studenti che avevano iniziato il loro percorso di formazione quando esisteva il reato penale di aborto
- che tale articolo è decisamente superato visto che stiamo parlando del '78
- che nessuno è obbligato a diventare medico ginecologo se in cuor suo è contrario ad applicare l'interruzione di gravidanza.
E per ultimo che questo stato di cose, tipico del nostro Paese, dove impera il «vorrei ma non posso» su tutto quello che ha a che fare con la religione cattolica e i suoi dettami, crea seri problemi di erogazione del servizio, voluto e sancito da una legge dello Stato laico del quale facciamo parte integrante tutti noi. Lo scritto della professoressa mi ha tolto da una forte sindrome che mi ha colpito nelle settimane scorse e che mi faceva sentire come il generale Custer accerchiato a Little Big Horn e, come lui, anch'io mi chiedevo se in questa enclave di Verona e provincia ero il solo laico pragmatico a portare avanti un concetto semplice e alla portata di chiunque. Torno con gioia a sperare nel futuro di questa nazione e, soprattutto, nelle mie capacità intellettive che sono state messe alla prova adducendo fattori come la partenza per le ferie come prova della mia impreparazione su tale tema.
Giorgio Scolari (simpatizzante UAAR) VERONA