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Dibattito: verità critica e dogmatica

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L'Arena 
domenica 12 luglio 2015 – LETTERE – Pagina 31
 

DIBATTITO
Verità critica e dogmatica
 

Vorrei intervenire nella discussione innescata dall'articolo di Andrea Lugoboni, «Ai limiti del sapere dove la scienza non nega Dio» (30-6-2015, p. 50), che ha visto come interlocutore l'amico Angelo Campedelli. Io vedo un contrasto di fondo, insanabile, tra fede e scienza nel modo di concepire la conoscenza. Gesù disse a Tommaso: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno» (Giovanni, 20,29). Fideismo cieco. Invece la scienza si fonda sull'evidenza empirico-razionale: le sue asserzioni devono essere supportate da prove precise e controllabili. Verità critica contro verità dogmatica, pensiero scientifico-razionale contro pensiero mitico-religioso. Perciò ha ragione Campedelli quando (L'Arena 8-7-2015, p. 50), da razionalista, chiede al credente prove, dimostrazioni dell'esistenza di Dio. Prove, dimostrazioni che il credente non sa dare. Ma, si dice, non è possibile dimostrare l'inesistenza di Dio. Ciò in linea di massima è vero, perché tutti i logici sanno che è impossibile dimostrare l'inesistenza di una cosa che non esiste. Una domanda in tal senso è quindi irricevibile. Questo però non vale per quella divinità dotata di precisi attributi che è il Dio biblico. È ciò che sostanzialmente ritiene anche Albert Einstein, se si legge bene il suo scritto riportato da Lugoboni: «La ricerca scientifica conduce a un sentimento religioso particolare, del tutto (sottolineo «del tutto») diverso dalla religiosità di chi è ingenuo». Egli infatti, che era uno scienziato e non un ingenuo, non credeva affatto ad un Dio personale. Perciò il tentativo di Amir Aczel, l'autore del libro recensito da Lugoboni, di far rientrare dalla finestra il Dio biblico cacciato dalla porta è decisamente scorretto. Di questo Dio è possibile e facile dimostrare con la ragione l'inesistenza. In che modo? Ne cito due, perentori: 1) La lettura della Bibbia. Chiunque la faccia con animo scevro da pregiudizi vi troverà errori ed orrori, sciocchezze e sconcezze, falsità, assurdità, contraddizioni tali da escludere tassativamente che essa contenga, come affermano i credenti, la Parola di Dio. 2) Il problema del male. Se Dio è onnipotente, onnisciente, infinitamente buono, perché esiste il male nel mondo? Perché c'è stata la Shoah? Perché c'è il cancro e tutte le altre malattie? Perché soffrono e muoiono bambini? Un'ultima considerazione: nel mondo esistono migliaia di religioni i cui adepti sono convinti, per fede, senza alcuna prova razionale, che solo la loro sia vera mentre tutte le altre sono false. Non è ridicolo ciò? Renato Testa. VERONA

Risposta pubblicata sullo stesso giornale il 28 luglio:

OPINIONE
La fede non è discutibile


Con riferimento alla lettera del sig. Testa, ne L'Arena del 12 luglio, vorrei intervenire nella discussione relativa alla dimostrazione dell'esistenza di Dio, evitando giudizi e toni perentori, preferendo invece alcune citazioni autorevoli. Incomincio con la frase di Voltaire: «La teologia è una collezione di risposte incomprensibili a domande senza senso». Tanto ché più ci si inoltra nello studio delle religioni più ci si rende conto della nostra ignoranza. Come diceva Socrate «l'unica cosa di cui siamo sicuri è di non sapere nulla». Scriveva Erasmo da Rotterdam nell'Elogio della follia: «Le cose vere, anche le meno rilevanti, come la grammatica, costano tanta fatica. Un'opinione invece costa così poco e alla nostra felicità giova altrettanto, se non di più. Perciò siamo tutti pronti a dare opinioni anche se poco preparati». Pertanto consiglierei al sig. Testa di leggere libri di critica sulla Bibbia per maturare almeno qualche dubbio prima di liquidarla come fa lui. Consiglio «La lettura cristiana della bibbia» di Celestino Charlier (Edizioni Paoline). In questo saggio, non apologetico, la Bibbia è letta alla luce della storia, delle lingue e delle culture dei popoli che l'hanno prodotta. Io penso che l'esistenza di Dio non sia dimostrabile, e come potrebbe essere altrimenti? Come rimane, per ora, inspiegabile la nostra vita, che è un mistero, e su questo penso che si sia tutti d'accordo. L'unica risposta, per chi l'ha, è la fede, e la fede (qualsiasi fede) non è discutibile, per definizione. Giuliano Zanella VERONA.
 

Opinioni: religione e scienza

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L'Arena
mercoledì 15 luglio 2015 – LETTERE – Pagina 25
 

OPINIONI
Religione e scienza
 

L'articolo di Andrea Lugoboni pubblicato su L'Arena il 30 giugno scorso per presentare il libro di Amir Aczel «Perchè la scienza non nega Dio», è stato seguito l'8 luglio da una lettera di Angelo Campedelli intitolata: «Scienza. L'ateismo non nega Dio». Questo titolo mi sembra strano riguardo al contesto della lettera. Che ateismo sarebbe se non negasse Dio? Un ateo è tale perché semplicemente non è persuaso da nessuna delle migliaia di teologie elaborate dagli innumerevoli promotori del sacro. Dire «L'ateismo non nega Dio» non è nemmeno giusto culturalmente. Semmai è la scienza che non nega Dio (ma la scienza mica cerca Dio), non l'ateismo che, di fatto, lo nega: altrimenti non sarebbe ateismo e sarebbe pure un ossimoro. In ogni caso, voler arruolare tutti, in qualche modo, nel fascino discreto della trascendenza, porta spesso ad affermazioni poco pertinenti, quali la compatibilità tra Fede e Scienza. Siamo ancora qua, al tempo dei trapianti, dei viaggi cosmici, della tecnologia dominante, a far confusione fra due attività umane che non hanno niente in comune e per le quali non si pone alcun rapporto. L'oggetto della Scienza è il mondo materiale del quale si occupa, dei fenomeni tangibili, della loro descrizione e della ricerca delle cause, per trovare costanti e poter formulare previsioni, sempre con il rigoroso controllo empirico (spietato), che consente, alla fine, una condivisione universale. Alla Scienza non interessa quanto frulla nel cervello degli innumerevoli predicatori che nei millenni si sono sbizzarriti in immaginifiche idee ultraterrene, reciprocamente negate quando non anche sanguinosamente contestate. Tanto le scienze uniscono, quanto le fedi dividono... Ben a ragione Campedelli insiste sulle prove. Nella Scienza la prova è essenziale, espressa matematicamente, secondo una logica universale; nella religione la prova è autoreferenziale, dogmatica. La scienza, pur nella sua autorevolezza, non ardisce dichiarare «vere e assolute» le sue conclusioni, bensì «vere fino a prova contraria». Ogni fede, pur nel suo relativismo, dichiara arrogantemente essere i suoi dogmi indimostrabili quali «verità assolute», perenni, immodificabili. Per favore: smettiamo di affermare la compatibilità fra due processi mentali diversi e non chiediamo alla Scienza di pronunciarsi in merito a cose non pertinenti con la realtà razionalmente indagata e rappresentata. Mario Trevisan SAN MARTINO BUON ALBERGO

Conti pubblici: la chiesa e la previdenza

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CONTI PUBBLICI
La chiesa e la previdenza
 

L'ARENA mercoledì 22 luglio 2015 LETTERE, pagina 25
 

Alla chiesa cattolica è andato l'80% del totale dell'8 per mille (oltre 900 milioni di euro). Alla chiesa cattolica noi italiani non facciamo pagare Imu/Tasi. Alla chiesa cattolica, inoltre, consentiamo che il Fondo pensionati dei suoi pastori presenti un disavanzo di 2.2 miliardi con 3.788 ex sacerdoti. La riforma del ministro Fornero non ha sentito il bisogno di intervenire in questo comparto visto che da sempre per i religiosi il sistema non è retributivo, non è nemmeno contributivo e neanche misto, pensate: è a prestazione in somma fissa, quindi non versano una percentuale del loro stipendio, finché lavorano, ma una quota fissa irrisoria. Il punto è che quando vanno in pensione non hanno una pensione «irrisoria» stante quanto poco versato, ma si vedono riconoscere una pensione adeguata e fissa. Lo Stato del Vaticano, mentre noi italiani abbiamo accumulato un debito di 2.300 miliardi, generati anche da quanto sopra evidenziato e consentito, ha, secondo stime prudenziali, un patrimonio mobiliare/immobiliare e in riserve di oro di circa «200 miliardi»: solo la Curia di Padova (analisi effettuata al catasto della città patavina da un giornalista del Corriere) detiene più di 800 appartamenti e 1.200 terreni. Napoleone, con il decreto del 3 aprile 1871, pensò bene di nazionalizzare tutti i beni della chiesa cattolica. Io personalmente non ambisco che ciò avvenga nel 2015, ma credo di essere nel giusto se mi permetto di dire che lo Stato italiano deve smetterla di mantenere la chiesa cattolica scaricando i loro costi sulla testa dei cittadini italiani, e che sarebbe, quanto mai corretto, che lo Stato del Vaticano controgarantisse il debito italiano con il proprio patrimonio. Questa operazione genererebbe un drastico calo dello «spread» facendo beneficiare le casse nazionali di minori costi per interessi, se poi applicando quanto richiesto dall'Europa ci fosse il pagamento dell'Imu/Tasi, e la tassazione di tutte le donazioni, forse riusciremmo a riequilibrare quanto sin qui generosamente consentito. Giorgio Scolari VERONA.

Crocifissi: religione e uffici pubblici

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CROCIFISSI 
Religione e uffici pubblici
 

L'ARENA venerdì 31 luglio 2015 LETTERE, pagina 25
(in rosso le parole non pubblicate).

Non è la prima volta che si parla di crocifissi nelle aule degli edifici pubblici quali scuole, tribunali, istituzioni (sedi di Comuni, Province, Regioni, Ministeri), uffici postali, caserme, e finanche luoghi aperti (c’è una croce perfino sul Monte Cervino).
Leggo (da L’Arena del 25 luglio) che la questione è stata portata in Regione grazie al neo consigliere Stefano Casali il quale, dopo aver constatato che “in tutto il palazzo del Consiglio regionale non esiste un solo crocifisso”, considera la cosa “un'assenza grave”. La motivazione di tale gravità risiederebbe nel fatto che il crocifisso rappresenti “il segno di duemila anni di storia”.
Leggo ancora che il neo consigliere sarebbe un “esponente dell’area cattolica moderata liberale”, perciò mi viene subito da dire: “Meno male! Figuriamoci se non fosse un moderato!”.
La domanda che voglio porre ai politici, ma anche ai privati cittadini, è: ma perché i cattolici hanno questo viscerale bisogno di “marcare il territorio”? Perché vogliono imporre i loro simboli religiosi a tutti? (quindi anche ad atei, agnostici, e diversamente credenti). La collocazione di tali simboli religiosi (croci, crocifissi, statue di madonne) nei luoghi pubblici avrebbe una giustificazione se in Italia ci fosse ancora la Religione di Stato (cattolica) com’era prima della revisione dei Patti Lateranensi avvenuta nell’ormai lontano 1984: in quell’occasione lo Stato Italiano e lo Stato del Vaticano sottoscrissero, congiuntamente, che la religione cattolica non fosse più la religione dello Stato. Ora i casi sono due: o le parole scritte hanno un senso e allora a queste seguono fatti corrispondenti, o le parole scritte non hanno un senso e allora a queste seguono retorica e ipocrisia. Mi sembra che rientriamo abbondantemente nel secondo caso (purtroppo).
Circa il fatto che il crocifisso rappresenti duemila anni di storia questo è vero, ma invito il neo consigliere regionale a leggersi bene di quale storia si tratta…….
La laicità delle nostre Istituzioni dovrebbe essere un valore supremo difeso da ogni cittadino ed in primis dai politici (la laicità è stata definita dalla Consulta come “supremo principio costituzionale”, sentenza 203 del 1989), e ciò vale ancor più ai giorni nostri in cui anche la società italiana è sempre più multi culturale e multi religiosa.
Campedelli Angelo (circolo UAAR di Verona)

Religione: la questione della fede

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RELIGIONE
La questione della fede
L'ARENA giovedì 13 agosto 2015 LETTERE, pagina 23
 

Vorrei rispondere alla lettera del signor Giuliano Zanella pubblicata sull'Arena il 28 luglio. Devo dire che su alcune cose mi trovo d'accordo con lui. Per esempio sottoscrivo in pieno la citazione di Voltaire: «La teologia è una collezione di risposte incomprensibili a domande senza senso». Ma Zanella prosegue osservando: «Tanto ché più ci si inoltra nello studio delle religioni più ci si rende conto della nostra ignoranza»; io invece, ritenendo di interpretare correttamente il pensiero di Voltaire, concludo che proprio le religioni, appunto con le loro assurde teologie, sono quelle che forniscono risposte incomprensibili a domande senza senso. E perciò è meglio ignorarle. Quanto a Socrate, egli diceva anche: «Io ho fatto sempre in modo di seguire solo quel ragionamento che, fra i vari che rimugino dentro di me, dopo ponderata riflessione risultasse il migliore» (Critone). Socrate non era affatto un fideista, ma un razionalista, uno che riflette sulle cose, le pondera e sceglie a ragion veduta. In certo qual modo è stato un precursore del metodo scientifico il quale esige che le affermazioni siano supportate da argomentazioni e prove controllabili. Perciò chi si affida alla ragione o alla scienza o al semplice buon senso, se si rende conto - come fa lei, Zanella - che l'esistenza di Dio non è dimostrabile, onestamente conclude che Dio non esiste. Almeno fino a prova contraria. Veniamo alla Bibbia. La Chiesa afferma perentoriamente: «Dio è l'Autore della Sacra Scrittura» (Catechismo della Chiesa cattolica, 105). E papa Leone XIII, nell'enciclica Providentissimus Deus (1893), a sua volta spiegava: «Tutti i libri e nella loro integrità, che la chiesa riceve come sacri e canonici, con tutte le loro parti, furono scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, ed è perciò tanto impossibile che la divina ispirazione possa contenere alcun errore, che essa, per sua natura, non solo esclude anche il minimo errore, ma lo esclude e rigetta così necessariamente, come necessariamente Dio, somma verità, non può essere nel modo più assoluto autore di alcun errore». Parole chiarissime, inequivocabili. Un'affermazione del genere oggi è assolutamente indifendibile, tant'è vero che la stessa Chiesa cerca di prenderne goffamente le distanze. Cito di contro Piergiorgio Odifreddi: «Se la Bibbia fosse un'opera ispirata da un Dio, dovrebbe essere corretta, coerente, veritiera, intelligente, giusta e bella. E come mai trabocca invece di assurdità scientifiche, contraddizioni logiche, falsità storiche, sciocchezze umane, perversioni etiche e bruttezze letterarie?» (Perché non possiamo essere cristiani - e meno che mai cattolici -, Milano 2007). Io, caro Zanella, l'ho letta, e ci ho scritto pure un libro: «La malafede. Perché è indecente essere cristiani» (ed. Albatros), dove con puntuali argomentazioni confermo pienamente le parole di Odifreddi. La fede, infine. Lei dice che la fede è indiscutibile. Ma allora perché stiamo qui a discutere? Non si accorge che ad usare giudizi e toni perentori è proprio lei? Io ho discusso con impegno, con franchezza, cercando di portare argomenti e lei se ne esce bel bello che la fede è indiscutibile!? Sì, ma quale fede? Quella in Geova, quella in Zeus, quella in Brahma, quella in Wotan, quella in Allah, quella in Manitù, quella in Cristo? Quale? Se non se ne può parlare come possiamo sapere qual è quella giusta? Se vogliamo difendere la nostra credenza rispetto alle altre dobbiamo giocoforza ragionare, argomentare, discutere. Non si scappa. Vero è che tra coloro che sono abituati ad usare la ragione si sta facendo strada un convincimento di puro buon senso: la fede non è dono di Dio, ma frutto nella maggior parte dei casi dell'indottrinamento infantile. Infatti «il bambino se lo metti in una sinagoga diverrà di religione ebraica, se lo metti in una scuola coranica diverrà islamico, se lo metti in un monastero tibetano diverrà buddista, se lo metti nella parrocchia cattolica diverrà cattolico» (Ennio Montesi). Mi raccomando, però, non lo fate sapere ai credenti, potrebbero perdere la fede!
Renato Testa VERONA

Commenti alla lettera di Testa:
 

Ho letto con gusto la lettera del Sig. Renato Testa. Che dire: ha le idee chiare. Citando Odifreddi, che molti in Italia lo vedono come "satana" (sic), il sig. Testa ha dato ulteriormente risonanza a quel suo libro che è servito anche a me per avere un po' di chiarimenti sulla confusione che avevo in gioventù sulle religioni, da quel pantano mentale che ti provocano, e sapete bene che dove c'è torbido ci sono pure tante insidie. Dovrebbero leggerlo tutti, prima o poi. Così ho iniziato a leggere vari autori da Dokings alla Hach, ma ve ne consiglio uno italiano che ha scritto tre libri ed è un accanito, ma molto delicato allo stesso tempo, sferzante contro la chiesa, le sue istituzioni e il suo fasullo messaggio. Si tratta di Dante Svarca (ha anche un profilo facebook). Ci siamo sentiti spesso in chat ed è una persona gradevolissima e di una gentilezza unica. Ha pubblicato il primo libro "Nika" e il secondo "Maometto, Dio, Allah: false divinità", poi un terzo che è la revisione del secondo… Ha avuto una recensione bellissima dalla grande Margherita Hach… In ogni modo era per dire che chi ha un briciolo di cervello che funziona si rende conto della montagna di menzogna e falsità su cui si basano tutte le religioni, ed è giusto che chi se ne "accorge" (come noi e il sig. Testa) di ripeterlo continuamente perché non abbiamo bisogno di religioni per aiutarci gli uni gli altri (la misericordia cattolica), la Pietas non è stata inventata da Cristo o dalla chiesa cattolica, era un sentimento già descritto dai greci secoli prima… del messaggio di Cristo… Comunque sia… mi piace quando mi mandate queste cose da leggere…
Vi auguro un buon ferragosto in famiglia o in giro per il mondo… ma spero che prima o poi ci conosciamo. Un abbraccio, Alberto.



Sì, la lettera del Sig. Testa è davvero molto ben fatta e ragionata, e soprattutto a me colpisce la tranquillità del ragionamento e la compostezza del linguaggio. Io non mi sforzo per proclamare la mia professione di ateo perché non lo sono e non sono credente, mi lascio convincere da ciò che trovo giusto e semplice. Credo di potermi proclamare agnostico ma non ne sono sicuro, e francamente non mi interessa essere catalogato: mi piace seguire le tesi di chi si impegna in ragionamenti senza preconcetti anche se è più facile dichiararlo che esserne privi, perché tutti si vive riferendoci alla nostra storia ed al nostro vissuto. Comunque ripeto: una lettera che è molto ben congegnata e rispettosa delle altrui credenze. Gaetano.



Statuetta della Madonna distrutta a Casaleone

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Egregio signor Sindaco del comune di Casaleone, Andrea Gennari
(e p.c. egregio signor Vescovo della diocesi di Verona, Giuseppe Zenti).
Ai rispettivi indirizzi di posta elettronica.
 

Oggetto: Statuetta della Madonna distrutta a Casaleone.
                (articolo sul giornale L’Arena del 29 luglio 2015).

 

L'UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) ha come scopo la promozione della laicità dello Stato e delle Istituzioni, ritenendo la laicità l'unico vero strumento politico-sociale per costruire una serena convivenza tra cittadini di differenti religioni.
La laicità delle nostre Istituzioni dovrebbe essere un valore supremo difeso da ogni cittadino ed in primis dai politici. La laicità è stata definita dalla Consulta come “supremo principio costituzionale” (sentenza 203 del 1989), e ciò vale maggiormente ai giorni nostri in cui anche la società italiana è sempre più multi culturale e multi religiosa. Con tale sentenza, la Corte Costituzionale ha inteso affermare l’esistenza, nel nostro ordinamento, della cosiddetta Laicità Positiva, quella cioè della “non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale”.
In una società italiana sempre più multi religiosa (anche indipendentemente dalla presenza degli immigrati), l'UAAR trova sbagliato imporre a tutti, quindi ad atei, agnostici, e diversamente credenti, i simboli di una determinata religione (in questo caso la cattolica).
Ciò premesso, signor Sindaco, desidero commentare il fatto successo nella pubblica piazza del Suo Paese riprendendo quanto descritto nell’articolo de L’Arena.
Lei, signor Sindaco, si è augurato che "non si tratti di un'azione legata a motivi religiosi bensì una semplice bravata". Personalmente ritengo che non stia qui il problema, ma più a monte. Infatti, collocare una statua religiosa nella pubblica piazza vuol dire (né più né meno) marcare il territorio con un simbolo della propria religione, trascurando il fatto che un sindaco dovrebbe essere il sindaco di tutti, e la piazza dovrebbe essere la piazza di tutti. E poi, cosa succederebbe se il prossimo sindaco fosse (ad esempio) di religione buddista? Dovrebbe togliere la statua della Madonna e sostituirla con la statua di Buddha? Potrebbe anche succedere quello che è successo sul monte Pirio (nei Colli Euganei) dove, nel 2011, dalla cima della montagna è sparita la statua della Madonna e al suo posto è comparsa la statua dell’ottavo nano di Biancaneve, chiamato Piriolo.
Le Istituzioni ed i luoghi pubblici non dovrebbero (meglio sarebbe dire non devono) avere connotati religiosi, indipendentemente da quale sia il credo professato dalla maggioranza dei cittadini.
Inoltre, Lei ha ammonito: "non lasceremo che episodi simili ci intimidiscano impedendoci di professare apertamente la nostra fede". Credo che nessuno voglia né intimidire né impedire ai cattolici (ed in primis a Lei, signor Sindaco) di professare apertamente la propria fede, semmai c'è da parte dei cattolici (ed in primis da parte Sua) la volontà di imporre a tutti la propria fede.
Non si contrasta la paura di altre religioni, diverse dalla nostra, con l’imposizione a tutti della nostra. Anzi: così facendo si sortisce proprio l'effetto contrario! L'unico strumento per evitare le guerre di religione è solo la LAICITA’ delle Istituzioni, la quale garantisce pari libertà a tutte le religioni e nel contempo evita qualsiasi privilegio per qualcuna.
La domanda che voglio porre a Lei come politico, ma anche come privato cittadino, è: ma perché voi cattolici avete questo viscerale bisogno di marcare il territorio?! Perché volete imporre i vostri simboli religiosi a tutti, quindi anche ad atei, agnostici, e diversamente credenti? La collocazione di tali simboli religiosi (croci, crocifissi, statue di madonne), nei luoghi pubblici, avrebbe una giustificazione se in Italia ci fosse ancora la Religione di Stato (cattolica) com’era prima della revisione dei Patti Lateranensi, revisione avvenuta nell’ormai lontano 1984: in quell’occasione lo Stato Italiano e lo Stato del Vaticano sottoscrissero, congiuntamente, che la religione cattolica non fosse più la religione dello Stato. Ora i casi sono due: o le parole scritte hanno un senso e allora a queste devono seguire fatti corrispondenti, o le parole scritte non hanno un senso e allora a queste seguono ipocrisia e retorica. Mi sembra che rientriamo abbondantemente nel secondo caso (purtroppo).
Non è la prima volta che si solleva il problema dei simboli religiosi (cattolici) collocati nei luoghi pubblici quali scuole, tribunali, istituzioni (sedi di Comuni, Province, Regioni, Ministeri), uffici postali, caserme e finanche luoghi aperti (c'è una croce perfino sul monte Cervino), e Le confesso che non se ne può davvero più della vostra prepotenza e arroganza nel voler imporre a tutti i VOSTRI simboli religiosi.
Ha trovato l’esecutore materiale dello “scempio commesso in centro a Casaleone”? Spero vivamente di no! In ogni caso, se proprio ha bisogno di un colpevole, può denunciare me come “fiancheggiatore morale”.
 

Distinti saluti, Angelo Campedelli (coordinatore del Circolo UAAR di Verona).

Il "problema" delle campane

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CAMPANE
Il «silenzio» viola la libertà 

L'ARENA mercoledì 19 agosto 2015 LETTERE, pagina 23.
 

L'Uaar, l'associazione degli atei, continua ad incaponirsi sulla questione dei crocifissi in luoghi pubblici dove, secondo l'Unione, non dovrebbe stare. Ultimamente lo fa mediante lettera (11 agosto) con un suo esponente, Angelo Campedelli, che torna a ripetere che l'Italia è laica, che con l'ultimo Concordato il Cristianesimo non è più religione di Stato e via di questo passo.… Però noi vorremmo far notare a questi atei (strano proclamarsi tali: se Dio non esiste perché parlarne?) che sono loro indigeste non solo le immagini d'un uomo, Gesù, morto in croce per salvare tutti noi, ma anche le campane che ci richiamano al gran mistero. Chi scrive fa parte d'una comunità il cui campanile ora tace ed emette qualche flebile, lieve, timido rintocco e soltanto dalle 8 del mattino alle 8 di sera. L'Uaar, su richiesta di un'abitante, ultimo arrivato in parrocchia, è riuscito a «far legare le campane» quasi come nella settimana della Passione. Silenzio quasi assoluto perché disturbano, dice, inquietando il riposo, turbano il sonno di qualche cittadino. La nostra considerazione, allora, è la seguente. L'associazione atei continua a manifestarsi, come nella lettera in oggetto, paladina del libero pensiero. Ma che un solo abitante di una comunità, con casa presso il campanile plurisecolare, possa opporsi di punto in bianco a tutti gli altri indigeni concittadini (1.500), dimostra che la libertà è un'altra cosa, visto che questa termina sempre dove inizia quella dell'altro cittadino. Se poi questi sono 1.500.… Tuttavia, a conclusione, perché accanirsi tanto contro una croce esposta che parla di amore infinito per tutti? Non fa male, fa altro che bene! Perché prendersela, poi, tanto, con le campane che scuotono la nostra coscienza? Fra gli innumerevoli cartelli sconci di cui vengono tappezzate le nostre città ed i suoni, rumori assordanti dai quali spesso siamo circondati, crediamo fermamente che l'immagine dolce, consolante del Cristo sofferente misericordioso (non esiste in nessun'altra religione) ed il suono soave delle campane in tutti i momenti della nostra vita, siano dei valori aggiunti in più, se vogliamo dare il giusto valore alla vita. Ad ogni modo, a scanso d'ogni polemica inutile, siamo convinti che chi si proclama ateo è più credente d'ogni altro fedele. Perché chi dice di non credere in Dio è perché, sotto sotto, lo cerca. Per questo, anche con gli atei proclamati ci sentiamo fratelli.
Piero Pistori, VERONA.

CAMPANE 

Il silenzio concilia il sonno
 

Innanzitutto ringrazio il giornale L’Arena che dando spazio a tutti contribuisce al dibattito e al conseguente scambio di idee, essendo il pluralismo il “cuore” della democrazia e il vero antidoto al medievale “pensiero unico”.
Vorrei rispondere alla lettera del sig. Pistori (del 19 agosto) che parla di campane ma non solo, e che ringrazio perché mi da modo di esporre alcune precisazioni.
Noi atei siamo venuti prima delle religioni: in origine l’Umanità era naturalmente atea (cioè senza divinità), poi l’Uomo ha inventato le varie religioni con le più disparate divinità. Non è certo da oggi (vedi storia e filosofia) che noi atei parliamo di Dio anche se non ne crediamo l’esistenza, e continuiamo a parlarne perché oggi come ieri ci troviamo immersi in una cultura dominante che vuole condizionare tutti con una sola determinata religione, a scapito del pluralismo e della laicità (non solo in Italia).
Vorrei dire, poi, al sig. Pistori che chi si proclama ateo non può essere “più credente d’ogni altro fedele” perché sarebbe una contraddizione nei termini (un ossimoro), e chi dice di non credere in Dio non è perché “sotto sotto lo cerca”, ma semplicemente perché il crederci è tipico della fede (propria dei credenti) che inevitabilmente confligge con la logica della ragione (propria degli atei).
Se per alcuni le campane “ci richiamano al gran mistero” o “scuotono la nostra coscienza”, credo si debba riconoscere che per altri non è così. Se per alcuni la croce esposta “parla di amore infinito” o rappresenta “l’immagine dolce consolante del Cristo sofferente misericordioso”, credo si debba riconoscere che non è così per tutti. Se per alcuni questi simboli (crocifissi, statue di madonne e di santi, campane) sono dei “valori aggiunti in più” che contribuiscono a “dare il giusto valore alla vita”, c’è chi dà valore alla vita senza bisogno di questi simboli. I “valori” di alcuni non sono valori riconosciuti e condivisi da tutti. Mi spiace, ma che lo si voglia o no questo è il pluralismo, e non un altro.
Le campane del campanile (compreso carillon e orologio) in cui vive il sig. Pistori non sono state “legate”, ed è esagerato parlare di “silenzio quasi assoluto”: si è solo chiesto di vietarne l’uso nelle ore notturne e del primo mattino, e di limitarne un po’ il volume nelle ore diurne. Nessuna contestazione né restrizione è stata avanzata per le ricorrenze importanti che non fanno parte della quotidianità. D'altronde, esiste anche una normativa tecnica chiamata “Piano di zonizzazione acustica” di cui ogni Comune deve dotarsi. Il silenzio della notte e del primo mattino concilia il sonno più che “viola la libertà”, e certamente questo è un diritto non di “un solo abitante”.
Non siamo più una società di soli contadini e di soli cattolici, nonché privi di orologi.
Campedelli Angelo (circolo UAAR di Verona)

XX settembre 1870: breccia di Porta Pia


Serata a tema: il Cristianesimo

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LUNEDI' 28 SETTEMBRE, ORE 21.00, SEDE CIRCOLO UAAR VERONA
(Via Nichesola 9, San Michele extra, vicinissima a Piazza del Popolo).


Il tema della prossima serata sarà:

IL CRISTIANESIMO
1 - il difficile problema del Cristianesimo
2 - premesse del Cristianesimo
3 - origine del Cristianesimo e sua diffusione
4 - perché il Cristianesimo fu riconosciuto dallo Stato

 
tratto dal libro "Storia di Roma", volume II "L'impero", edito nel lontano 1954 (Edizioni Rinascita), il cui autore è Sergei Ivanovich Kovaliov (Mosca, 1911-1973), storico dell’Accademia delle Scienze Sovietica, specializzato in Storia Romana.
Il testo ci è stato segnalato dal nostro socio il maestro Nicolini Angelo, il quale ci leggerà i capitoli indicati a cui seguirà dibattito.

"Noi non sappiamo con precisione quando, dove, e come sorse il Cristianesimo"
La nuova religione entra in unione con la nuova politica imperiale (post Repubblicana) di Roma, e ne diviene funzionale per l'unità dell'Impero.

Laicità e progresso

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OPINIONI
Cristianesimo e progresso
L'ARENA venerdì 18 settembre 2015 LETTERE, pagina 27.

Particolare interesse ha sempre suscitato il tema di Dio e, in particolare, della salvezza in Cristo Gesù. Ne parlano non solo teologi ma anche filosofi, romanzieri e giornalisti. Non sempre, purtroppo, con la necessaria competenza e serietà; anzi, talora, sfoderando un tono mascherato di umorismo, ma che in realtà spesso è dissacrante. C'è chi ha qualificato questi ultimi decenni non solo come un'epoca complessa, ma come l'inizio di un'epoca «postcristiana», nella quale la Chiesa cattolica, la fede, la morale, le celebrazioni liturgiche, sarebbero residui di una mentalità religiosa sorpassata. Pretendere - si dice - di essere cristiani oggi, in un mondo segnato dal fascinoso progresso scientifico e tecnologico, sarebbe come offrire un archibugio a chi è ormai stratega di missili; o come voler usare una Olivetti per scrivere anziché il computer e navigare in internet. Che dire? È, invece, sempre più evidente che, oggi come non mai, la società caratterizzata dal secolarismo e dalla globalizzazione, dalle guerre e dal terrorismo, ha un bisogno urgente di riscoprire la fede cristiana e gli autentici valori morali. Se è inammissibile parlare di epoca postcristiana, si deve riconoscere che nel nostro tempo l'indifferenza religiosa e l'ateismo, la persistente crisi culturale e morale, rappresentano sfide ineludibili. Papa Francesco ci sollecita (“Laudato sì”, 245): «Dio, che ci chiama alla dedizione generosa e a dare tutto, ci offre le forze e la luce di cui abbiamo bisogno per andare avanti». Il Concilio, nella "Gaudium et spes", 34 puntualizza: «Il messaggio cristiano, lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo, lungi dall'incitarli a disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più stringente». Edificare un mondo in cui non vi sia più spazio per la guerra e il terrorismo. La fede cristiana, infatti, non è sciroppo ma lievito, non è sonnifero ma dinamismo vitale. Occorre, quindi, che i cristiani siano consapevoli di essere annunciatori di un messaggio che infonde verità, libertà e giustizia in tutto il mondo.
Renato Perlini VERONA


OPINIONI
Un elogio della laicità (titolo originale: Laicità e progresso)
L'ARENA martedì 29 settembre 2015 LETTERE, pagina 23

In rosso le parti del testo originale che non sono state pubblicate.

Rispondo alla lettera su «Cristianesimo e progresso» del 18 settembre scorso.
Mi spiace (davvero) leggere che, nella nostra società, i processi storici del «secolarismo» e della «globalizzazione» siano associati a «guerre e terrorismo», che «l'indifferenza religiosa e l'ateismo» siano associati alla «crisi culturale e morale». La soluzione prospettata dall'autore della lettera starebbe nel «messaggio cristiano» che avrebbe il «compito di edificare un mondo in cui non vi sia più spazio per la guerra e il terrorismo».
Dovrebbe essere ormai risaputo da tutti quanto la componente religiosa sia (oggi nei Paesi arabi), e sia stata (ieri nella vecchia Europa ed esportata in tutto il mondo), alla base di tantissime guerre, di terrorismo, di aberrazioni di ogni genere.
Credo sia altrettanto sotto gli occhi di tutti che nei Paesi più secolarizzati (mi riferisco ai Paesi del centro e del nord Europa), dove è maggiore l’indifferenza religiosa (e quindi a più alta percentuale di laicità e di ateismo), l'economia e i diritti civili (progresso economico e benessere sociale) siano ben superiori a quelli che si riscontrano nei Paesi a maggiore vocazione religiosa (collocati nella fascia del Mediterraneo).
Non credo che il Cristianesimo e le religioni in genere possano essere annoverati tra gli artefici del progresso, sia economico che sociale: credo che tale riconoscimento debba essere riconosciuto all’Illuminismo (fine dell’oscurantismo religioso medievale), alla Scienza (in tutte le sue più diverse discipline), alla Guerra d’Indipendenza Americana prima e alla Rivoluzione Francese poi (da loro è nata la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”). 

Quando la laicità prende piede e si diffonde nella cultura, e quindi in tutta la società, si riscontra un giovamento generale perché vengono meno le conflittualità di carattere religioso ed è maggiormente applicato il principio del «dare a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio» da parte di tutti (laici e religiosi).
La Corte Costituzionale ha definito la laicità come «principio supremo» dello Stato (sentenza n° 203 del 1989), dove si afferma il rispetto per tutte le religioni senza fare privilegi per alcuna: è il caso che tutti lo tengano nella dovuta considerazione.
Angelo Campedelli (Circolo UAAR di Verona)

Segnalazione petizione

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Segnaliamo questa PETIZIONE DA FIRMARE avviata dal circolo UAAR di Firenze:

"La bontà di Dio sarà pure infinita.... ma i nostri soldi NO!
La Regione Toscana stanzia 200.000 euro in favore della diocesi di Firenze per la visita del papa".

La Regione Toscana ha deciso di elargire la considerevole somma di 200.000 (duecentomila) euro alla diocesi di Firenze “per il concorso alle spese sostenute per gli allestimenti e gli interventi da effettuare per la visita ufficiale di Papa Francesco nel mese di novembre 2015”. L’elargizione, peraltro, si configura come un atto unilaterale, non essendo mai stata richiesta ufficialmente dalla diocesi.
 
In un momento nel quale scarseggiano le risorse per i beni pubblici primari (scuola, sanità, trasporti, etc.), l’atto della Regione Toscana si configura come un vero e proprio oltraggio ai cittadini, che vedono ogni giorno sempre più a rischio la loro qualità della vita.
 
A prescindere dalle opinioni di ciascuno in materia di fedi, e fatte salve le esigenze organizzative di competenza della pubblica amministrazione in vista di un evento di tale portata, si deve infatti rilevare che la Chiesa cattolica, come ha di recente ricordato lo stesso Papa Francesco, gode di indebiti privilegi da parte dello Stato Italiano, soprattutto (ma non solo) in materia fiscale, e non ha dunque alcuna necessità di ulteriori regalie, essendo perfettamente in grado di provvedere autonomamente alle spese per la visita fiorentina del pontefice.
Chiediamo pertanto alla Regione Toscana, di ritirare i provvedimenti (legge regionale e delibera di Giunta) che stanziano la somma da destinare alla diocesi.
 

Sbattezzo 2015

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Quest’anno il Circolo UAAR di Verona organizza il
 
WEEKEND DELLO SBATTEZZO

presso la sede del Circolo UAAR di Verona, via Nichesola 9, S. Michele Extra (vicinissimo a Piazza del Popolo)
nei giorni di VENERDÌ 23, SABATO 24, e DOMENICA 25 ottobre 2015, alle ore 21.00


PER OGNI DETTAGLIO VEDI FILE PDF

Testamento biologico e testamento funerario

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Continuano i nostri incontri con le "SERATE A TEMA"

LUNEDI' 02 NOVEMBRE, ORE 21.00, SEDE CIRCOLO UAAR VERONA
(Via Nichesola 9, San Michele extra, vicinissima a Piazza del Popolo).

Il tema della prossima serata sarà:
"Testamento biologico e Testamento funerario: ISTRUZIONI PER  L'USO"
1 - il testamento biologico
2 - il funerale laico
3 - la sistemazione della salma
4 - la sistemazione delle ceneri.


Per maggiori dettagli si veda il file PDF.


L'ingresso è libero e aperto a tutti.

Mario Trevisan (Marioque) è morto

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Il Circolo UAAR di Verona
(Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti)
partecipa commosso al grave lutto per la morte del caro amico 

Mario Trevisan (“Marioque”) 

studioso autodidatta e scrittore
impegnato nella diffusione del pensiero libero e del laicismo.
Lo ricorderemo per la sua schietta amicizia, 
la sua onestà intellettuale di autentico ateo,
il suo rigore nello scrivere per raccontare la religione
con un linguaggio critico e ironico, forbito ma non lezioso.
Con affetto e nostalgia. 

L’ultimo saluto, in forma laica, avverrà
MARTEDI’ 17 NOVEMBRE ALLE ORE 15.00
presso la Sala Funeraria del cimitero di Verona
(accesso da Via Francesco Torbido).


Cena sociale di fine anno 2015

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Sabato 19 dicembre, alle ore 20.30
presso ristorante "Dolce Gusto" (Parona): CENA SOCIALE DI FINE ANNO 2015.
Il prezzo concordato è di 25 euro a persona.
La cena comprende: antipasto, bis di primi, secondo con contorni, dolce, acqua e vino, caffè (vedi locandina in formato PDF). 
Ovviamente sono previsti piatti vegetariani per le persone che ne facciano richiesta (i piatti vegetariani sono indicati tra parentesi).
SONO GIA' INIZIATE LE PRENOTAZIONI: basta scrivere a campedelliangelo@tiscali.it
(si prega di specificare se vegetariani).
Sono invitati tutti i soci e i simpatizzanti.

Iscrizione all'UAAR per l'anno 2016

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In un periodo di grande clericalismo (che aumenterà con l'anno del giubileo) il vostro sostegno ci aiuta a far crescere un movimento laico...
Non abbiamo bisogno di misericordia, rivendichiamo i nostri diritti!
www.uaar.it/adesione

Lettere pubblicate su L'Arena di Verona

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TERRORISMO Islamici e Isis
(pubblicato il 28 novembre 2015 su L'Arena col titolo "TERRORISMO I sostenitori nascosti dell'Isis").


Una ricerca del Pew Research Center, ripresa dal sito dell'UAAR, analizza l’attitudine della popolazione islamica nei confronti dell’Isis in una decina di paesi. Se in quasi tutti gli stati la maggioranza schiacciante ha un’opinione sfavorevole, in alcuni c’è una minoranza non indifferente di sostenitori e una più ampia fascia di “non so”, che di fatto non condanna il califfato.
In Libano praticamente tutti contrari, in Israele 97% contrari e 1% di favorevoli all’Isis. La forbice inizia ad allargarsi in Giordania (94% contrari, 3% a favore, 4% “indifferenti”) e nei territori palestinesi (84% contrari, 6% a favore e 10% incerti). Poi, anche se l’opposizione va dall’80% al 60%, l’incertezza aumenta in Indonesia (4% a favore e 18% incerti), Turchia (8% e 19%), Nigeria (14% e 20%), Burkina Faso (8% e 28%), Malaysia (11% e 25%), Senegal (11% e 29%). Il risultato più preoccupante è quello del Pakistan, dove solo il 28% si dice contrario allo Stato Islamico, il 9% a favore e ben il 62% incerto.
Questi dati confermano che la maggioranza dei musulmani è ostile all’Isis, ma evidenzia una inquietante “zona grigia” che tollera o sostiene apertamente una ideologia violenta, totalitaria e integralista. Non è un caso che in certi Paesi sia applicata la sharia e il fondamentalismo sia radicato, come dimostrano certe attitudini contrarie ai diritti umani diffuse nel mondo islamico (sempre secondo il Pew Research Center). In queste realtà, l’opposizione all’Isis rischia di essere più una questione di concorrenza e di salvaguardia dell’ordine pubblico.
Angelo Campedelli, UAAR Verona.

IMAGINE L’utopia di Lennon
(pubblicato il 11 dicembre 2015 su L'Arena col titolo "ANNIVERSARI Quella visione di Lennon").
 

A completamento della bella lettera scritta da Mao Valpiana (L’Arena del 09 dicembre scorso), vorrei aggiungere una mia riflessione. E’ vero, come dice Mao, che “… i giovani di Parigi dopo la strage del Bataclan cantavano «Imagine», che è un inno alla speranza”, ma questa canzone del grande Lennon non è solo speranza, è anche utopia nel senso autentico e positivo del termine (vale a dire nell’immaginare un assetto politico, sociale e religioso che non trova riscontro nella realtà, ma che viene proposto come ideale e come modello da raggiungere).
A conclusione di un bell’articolo pubblicato su L’Arena.it, il giornalista Giulio Brusati così commemora la morte di John nel 35° anniversario: “… è provocatorio leggere a voce alta le parole di Imagine: «Immagina che non esistano Stati/ che non ci sia niente per cui uccidere o morire./ Immagina che non esistano nemmeno le religioni...»”. E’ proprio nella loro semplicità, ma anche nel loro intrinseco contenuto rivoluzionario, che queste parole difficilmente sono pronunciate, proprio perché appaiono provocatorie (ieri come oggi), oserei dire pericolose (per certuni), e persino tabù (per certi altri).
Il vero potere della canzone, il suo vero contenuto, sta tutto nella semplicità delle parole, chiare, alla luce del sole: niente paradiso né inferno, niente confini né nazioni, e anche niente religioni, ma solo Uomini che vivono in pace il presente, senza motivi per i quali uccidere o morire, una fratellanza fra gli uomini, tutti insieme che condividono il mondo (l’unico che abbiamo). Semplice e chiaro, quanto difficile finché ci saranno uomini che pretendono di imporre agli altri i propri “valori”, di considerare il proprio dio migliore del dio altrui, di sfruttare gli altri abusando del proprio potere per il massimo personale tornaconto economico.
Anche Martin Luther King aveva un sogno (“I have a dream”) che sembrava utopia pura, ma poi si realizzò. L’utopia di Lennon (la sua immaginazione) è viva più che mai, in questo mondo così assurdamente tormentato e conflittuale: speriamo si realizzi.
Angelo Campedelli, UAAR Verona.

TERRORISMO Religione a scuola
(pubblicato il 15 dicembre 2015 su L'Arena col titolo "TERRORISMO La religione e la storia").
 

Ben venga la campagna “Not in my name” che ha portato musulmani di tutto il mondo a condannare apertamente l’Isis (prima attraverso i social network e poi in piazza a Roma e Milano) per dirlo, tutti insieme, con parole forti e chiare. Finalmente! Da tempo veniva chiesta da più parti ai musulmani moderati una condanna, senza riserve, del terrorismo. Speriamo che adesso seguano ulteriori passi nel senso di una graduale secolarizzazione dell’identità islamica.
Da questo punto di vista, noi occidentali abbiamo il dovere di porre le basi affinché tale processo possa iniziare e proseguire nella giusta direzione, che vuol dire fare esattamente il contrario di quello che alcuni hanno fatto e continuano, purtroppo, a fare: opporre l’identità cristiana al fondamentalismo islamico, contribuendo quindi ad alimentare il conflitto interreligioso. Non ha senso proporre l’esposizione del crocifisso in tutte le scuole (come sostenuto e fatto da alcuni politici), o invitare tutte le scuole ad allestire il presepe (come ha fatto il quotidiano La Nazione). Detto in altre parole: qualcuno veramente pensa che il rimedio al terrorismo passi per l’ostentazione di un “orgoglio cristiano”? Chiaramente la risposta è no! Armarsi di crocifissi non è solo sbagliato, ma anche deleterio: non dobbiamo de-islamizzare i musulmani. La risposta (e la prospettiva) dovrebbe essere un mondo in cui tutte le culture sono libere e nessuna è egemone.
La ricetta migliore contro il terrorismo religioso, quindi, non può che essere la rivendicazione di un “orgoglio laico”, che ovviamente non equivale all’assenza di religioni: si tratta di avere come strumento (e obiettivo) un’educazione culturale laica, intesa come rispetto verso qualunque cultura e fede, baluardo contro ogni fondamentalismo. Per questo auspico che, quanto prima, si faccia la riforma dell’attuale educazione religiosa nelle scuole sostituendo l’IRC (Insegnamento della Religione Cattolica) con Storia delle Religioni: solo così educheremo i nostri figli, e i figli degli immigrati, a capirsi e ad accettarsi vicendevolmente, convivendo nel rispetto reciproco senza prevaricazione alcuna da parte di uno sull’altro.
Libertà, uguaglianza, e fratellanza sono valori fondanti nelle società multi culturali e multi religiose, per far sì che i rapporti tra gli individui siano civili.
Sara Manzati, UAAR Verona.

SCUOLA Il caso di Rozzano
(pubblicato il 17 dicembre 2015 su L'Arena).

Vorrei riportare un commento di Paolo Flores d'Arcais apparso su Micromega a proposito del preside di Rozzano.
"Marco Parma, preside dell’Istituto Garofani di Rozzano, non ha affatto abrogato il Natale (come una disinformazione corriva verso il pensiero unico continua a propalare). Si è limitato a non accogliere la pretesa di due mamme che volevano utilizzare il tempo della mensa scolastica per insegnare ai bambini due canti natalizi religiosi.
E perché mai avrebbe dovuto accettare? Chi vuole insegnare (e imparare) canti religiosi, vada in parrocchia: la scuola pubblica è di tutti e dunque laica. Il professor Marco Parma ha ragione, ha fatto benissimo, si è anzi comportato in modo esemplare: se vivessimo in una democrazia degna del nome (quindi laica per definizione) il ministro dell’Istruzione avrebbe già pronunciato un encomio.
Un unico appunto al professor Parma: sembra che in una dichiarazione, per motivare il suo sacrosanto “non possumus”, abbia invocato il carattere offensivo che il canto di una religione avrebbe potuto rappresentare per i bambini di altre religioni. No, caro Parma, questa è una motivazione inaccettabile: la scuola è laica perché pubblica, cioè di tutti, non di tutte le religioni ma di nessuna religione".
Renato Testa, UAAR Verona.

Natività: due versioni contraddittorie

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NATIVITÀ
Due versioni contraddittorie
L'ARENA 19 dicembre 2015 LETTERE


Adesso che si parla tanto di Natale e Presepe vorrei far notare una cosa che balza subito agli occhi evidente a chiunque si prenda la briga di leggere i Vangeli: i due racconti della natività di Gesù, quello di Luca (2, 1-39) e quello di Matteo (2, 1-23), sono diversi e incompatibili tra loro. In Luca, Giuseppe e Maria abitano a Nazareth e a causa del censimento vanno a Betlemme; ci sono la mangiatoia, gli angeli, i pastori; poi, dopo la circoncisione e la presentazione al tempio del bambino, la Sacra famiglia ritorna tranquillamente a Nazareth. In Matteo, invece, Giuseppe e Maria abitano a Betlemme; ci sono la stella, i magi, Erode e la strage degli innocenti, la fuga in Egitto; e solo dopo la morte di Erode la Sacra famiglia ritorna e va ad abitare a Nazareth. Due racconti che si contraddicono. Pochi lo sanno e quei pochi non lo dicono.
Renato Testa (UAAR Verona)

Vangeli: Nazareth non esisteva

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VANGELI
Nazareth non esisteva
L'ARENA 24 dicembre 2015 LETTERE


La pubblicazione della lettera di Renato Testa su L'Arena del 19 dicembre sollecita un approfondimento sulla tradizione raccontata nei Vangeli. Una su tutte, sembra ormai dimostrato che, ai tempi della nascita di Gesù, la città di Nazareth non esistesse ancora. Inoltre il titolo di Nazareno attribuito al Messia come cittadino della città di Nazareth (non esistente) evidenzia, in realtà, un significato ben diverso che è spiegabile con la probabile appartenenza all'ordine sacerdotale dei «Nazorei».
Si deve considerare, infatti, che nessuna delle fonti note riferisce dell'esistenza di Nazareth nel I secolo e che le prime consistenti tracce di agglomerato urbano risalgono al III secolo, mentre gli aspetti logistici, rilevabili dai racconti degli evangelisti atti a identificare il luogo, sono così evidenziati: villaggio con una sinagoga, su di un monte, sul ciglio di un precipizio, nei pressi del lago di Tiberiade. Il riscontro è il seguente: la sinagoga rinvenuta è del II-III secolo, il villaggio è in pianura e non sul ciglio di un precipizio ed è a 35 chilometri dal lago di Tiberiade.
Confrontando, quindi, questi aspetti con quelli di tutte le città conosciute della Palestina del tempo, soltanto una di esse risponde perfettamente a tutte le caratteristiche rilevate nei racconti neotestamentari: la città è Gamala, nel Golan, patria di Giuda il Galileo e roccaforte del movimento rivoluzionario Zelota. Galileo era l'appellativo di Giuda, il terribile fondatore della setta zelota, un movimento giudaico ribelle che si batteva per l'indipendenza da Roma e che sarà annientato dagli stessi romani. Lo storico Giuseppe Flavio chiamò gli zeloti «sicari», per via della piccola sica (pugnale) con cui compivano le loro vendette contro soldati romani isolati e contro gli ebrei filo-romani.
Confortano queste argomentazioni gli scritti del papa teologo Joseph Ratzinger, il quale così si esprime nel suo «Gesù di Nazaret» (Rizzoli, 2007): «Nei progressi della ricerca storico-critica che condussero a distinzioni tra i diversi strati della tradizione, la figura di Gesù, su cui poggia la fede, divenne sempre più nebulosa. Nello stesso tempo le ricostruzioni di questo Gesù, che doveva essere cercato nelle tradizioni degli evangelisti e le loro fonti, divennero sempre più contrastanti. Come risultato è rimasta l'impressione che sappiamo ben poco di certo su Gesù e che solo in seguito la fede nella sua divinità abbia plasmato la sua immagine. Una simile situazione è drammatica per la fede perché rende incerto il suo autentico punto di riferimento».
Mario Patuzzo (UAAR Verona)

Religione: interpretare e capire

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RELIGIONE 
Interpretare e capire
L'ARENA 03-01-2016 LETTERE


Il signor Paolo Avesani mi rimprovera per aver «interpretato» la Parola di Dio, quando io invece ho cercato semplicemente di capirla rilevando palesi contraddizioni tra il racconto della Natività di Luca e quello di Matteo, incongruenze che tutti possono constatare. Insomma, ci fu o non ci fu la strage degli innocenti? Ci fu o non ci fu la fuga in Egitto? Matteo dice di sì, Luca dice di no. Eppure, nessuno dei due evangelisti a rigore può sbagliare perché entrambi, si dice, sono ispirati da Dio.
Un'altra evidente, innegabile, contraddizione - ma ce ne sono molte altre - riguarda le ultime parole pronunciate da Gesù sulla croce prima di morire: «Tutto è compiuto» (Gv 19, 30); «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23, 46); «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15, 34 e Mt 27, 46). Allora, signor Avesani, mi dica lei: cosa ha veramente detto Gesù prima di morire? Io non riesco a capirlo.
Ciò mi riporta alla memoria una divertente storiella. Un marito torna a casa prima del previsto e trova la moglie a letto con un altro. Il poveretto, sconvolto, si adira, urla, strepita, minaccia. Ma la signora, benché colta in flagrante, non si scompone, non perde la calma: «Caro», gli dice, «non arrabbiarti, non fare così. Ti sbagli. Non è come sembra. Le apparenze ingannano. Devi scegliere: o credi ai tuoi occhi o credi a quello che dico io». Il credente non si arrende neppure di fronte all'evidenza.
Renato Testa UAAR (Verona)
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